Informatica e Pubblica Amministrazione: il codice sorgente aperto
- PRIMA PARTE -
Definizione di open-source
La legge Regionale Toscana 1/2004 - Art. 3 comma 1d, dà la seguente definizione di programma a codice sorgente aperto:
«...programma per elaboratore la cui licenza di distribuzione consente all'utente di accedere al codice sorgente per studiarne il funzionamento, apportarvi modifiche, mantenerlo nel tempo, estenderlo e ridistribuirlo».
La Free Software Foundation, attraverso quattro punti principali, dà la seguente definizione di software libero:
«Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo.»
Imporre restrizioni sull'uso del Software Libero, in termini di tempo ("periodo di prova di 30 giorni", "la licenza scade il 1 Gennaio 2004") o di scopo ("il permesso è accordato per usi di ricerca o non commerciali", "non può essere usato per fare benchmarking"), o limitazioni arbitrarie di area geografica ("non può essere usato nel paese X") rende un programma non libero.
«Libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie necessità».
Anche imporre restrizioni di fatto o di diritto sulla comprensione o la modifica di un programma, ad esempio richiedendo l'acquisto di licenze speciali o la firma di un "Non-Disclosure-Agreement" (NDA) o, per i linguaggi di programmazione che sono rappresentabili in più forme, vietando l'accesso al mezzo più naturale per comprendere o modificare un programma ("codice sorgente"), lo rende proprietario (non libero). Senza la libertà di modificare un programma, la gente sarebbe alla mercè di un singolo fornitore.
«Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo».
Il software può essere copiato e distribuito praticamente senza costi: se non si ha il permesso di dare un programma a qualcuno che ne ha bisogno (anche dietro pagamento, se lo si vuole), il programma non è libero.
«Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti»