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Riguarda Internet e i vincoli che si vogliono imporre agli utenti per limitare - di fatto - la comunicazione, la collaborazione e la condivisione attraverso una serie di obblighi gravanti sui provider, formalmente obbligati a presidiare il web (per mezzo dell'esercizio di tutta una serie di controlli sulle abitudini di navigazione degli utenti) e a porre in essere le limitazioni necessarie a parare preventivamente qualsiasi tipo di potenziale violazione della proprietà intellettuale.

Sono questi solo alcuni degli avvenimenti degli ultimi anni che danno il senso di come Internet, da strumento di comunicazione snobbato dai più, sia diventato un territorio ambito, un luogo da controllare rigidamente e da sfruttare per i propri tornaconti in barba alle libertà personali e ai diritti di privacy e di riservatezza.

Eric Schmidt, CEO di Google, durante un'intervista rilasciata alla CNBC nel dicembre 2009, affermò testualmente: "If you have something that you don't want anyone to know, maybe you shouldn't be doing it in the first place" che letteralmente si potrebbe tradurre: "Se hai qualcosa che non vuoi far sapere a nessuno, probabilmente la prima cosa che dovresti fare è non farla" ovvero: "Se non hai niente da nascondere, non hai niente di cui preoccuparti". Insomma, il messaggio appare chiaro: "Se non vuoi problemi, rinuncia alla tua privacy".
Il che ha un non troppo vago sapore di minaccia.

Se nei primi anni di vita (e per un buon periodo a seguire) il web è stato un laboratorio di sperimentazione per il mondo dell'information technology e un canale di comunicazione svincolato dalle distanze geografiche e dalle barriere politiche, oggi esso è diventato un vero e proprio mercato ed il suo controllo fa gola a tanti.
Chi detiene potere (politico o economico) sta tentando con qualsiasi mezzo di esercitare una stretta attività di controllo sulle informazioni che in grande quantità transitano per le maglie della rete globale ogni giorno.
Si tratta di mettere le mani su una base dati potenzialmente infinita di nomi, abitudini, gusti, contatti di tutti coloro i quali usano la rete quotidianamente.

È vero che la natura anarchica di Internet ha facilitato, soprattutto negli ultimi anni, l'esplosione di veri e propri fenomeni criminosi (pedopornografia, truffe online, etc.) ma è anche vero che si vuol far credere che la partita che si sta giocando sia sicurezza contro privacy quando invece essa riguarda controllo contro libertà.
La "sicurezza" di ognuno di noi è direttamente proporzionale al grado di libertà che siamo in grado di esercitare.
Più siamo liberi più siamo sicuri.
D'altronde, è proprio la privacy che ci cautela dagli abusi e rimanere lontani dagli abusi significa essere sicuri, significa poter vivere in libertà.
La sicurezza non deve prevedere intrusione.
Il CEO di Google, insomma, ha torto: la privacy è un valore e un diritto e questo diritto deve essere reclamato anche e soprattutto quando non si ha niente da nascondere.

Il quarto numero dell'e-zine "debianizzati". Per ulteriori informazioni si consulti il portale principale della comunità.


In generale, gli script che non ci stanno su una riga sono "interrotti" da uno backslash "\".


Buon divertimento!

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